Come interpretare i valori della pressione arteriosa.
Come interpretare i valori della pressione arteriosa? La classificazione dell'ipertensione secondo l'OMS/IISH
Le recenti linee guida del Comitato OMS-ISH (Organizzazione Mondiale Sanità-International Society of Cardiology)
N.B.: Quando la pressione sistolica e diastolica di un paziente rientrano in categorie differenti
la classificazione va fatta in base alla categoria maggiore.
La definizione di ipertensione arteriosa si basa sul riscontro ambulatoriale di una pressione sistolica ≥140 mmHg e/o una pressione diastolica ≥90 mmHg.
La diagnosi non dovrebbe basarsi sul riscontro di valori elevati a una sola visita, ma su almeno
due o tre rilevazioni, a intervalli di 1-4 settimane.
Una pressione viene considerata normale per valori di pressione sistolica
e diastolica rispettivamente <130 e <85 mmHg.
La pressione normale-alta (high-normal) è fissata per valori sistolici compresi tra 130 e 139 mmHg
e valori diastolici compresi tra 85 e 89 mmHg.
In queste persone andrebbero proposti inizialmente interventi sullo stile di vita
e solo successivamente un trattamento farmacologico.
L’ipertensione sistolica isolata viene definita da livelli ≥140 mmHg, in presenza di valori diastolici <90 mmHg.
Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa:
il danno d’organo
Una particolare sezione delle linee guida è dedicata alla valutazione
del danno d’organo mediato dall’ipertensione.
Questo è definito come l’alterazione strutturale o funzionale della vascolarizzazione arteriosa,
e/o degli organi da questa irrorati, causata da una pressione arteriosa elevata.
Gli organi bersaglio includono cervello, cuore, reni, arterie centrali e periferiche e occhi.
Tra gli esami essenziali consigliati per rilevare la presenza di un eventuale danno d’organo, da eseguire di routine in tutti i pazienti con ipertensione, vi sono: creatinina sierica ed eGFR, test delle urine ed ECG a 12 derivazioni.
Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa: target terapeutici e farmaci
Gli autori fissano un obbiettivo ideale per il trattamento dei pazienti ipertesi su valori <140/90 mmHg.
Più precisamente, per i pazienti con un’età inferiore a 65 anni il target è fissato su valori <130/80 mmHg,
mentre per chi ha 65 anni o più il livello sale a valori <140/90 mmHg.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico ottimale, vengono proposti alcuni livelli di trattamento con associazioni farmacologiche precostituite.
Al primo approccio viene consigliato l’utilizzo di un’associazione a basso dosaggio di ACE-inibitori,
o antagonisti recettoriali dell’angiotensina, con un calcio antagonista diidropiridinico.
Nel livello successivo andrebbe utilizzata la sessa associazione, ma a un dosaggio più elevato.
Il passaggio successivo prevede l’utilizzo di una tripla combinazione di farmaci che include, oltre ai precedenti,
un diuretico simil-tiazidico.
Infine, nell’ultimo passaggio, quando ormai si parla di ipertensione resistente, viene consigliata
l’aggiunta dello spironolattone, ad una dose variabile tra 12,5 e 50 mg/die.
I ß-bloccanti non sono caduti nell’oblio.
Piuttosto, vengono considerati come un possibile supporto alla terapia di base, da introdurre
in qualsiasi momento, se sono considerati utili nel trattamento di condizioni concomitanti come
lo scompenso cardiaco e la fibrillazione atriale.
Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa: le comorbilità
Una corposa sezione del documento è dedicata alle comorbilità e alle complicanze dell’ipertensione.
Tra queste vi è l’insufficienza renale cronica.
Viene ricordato che l’ipertensione è un importante fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione dell’albuminuria nonché di qualsiasi forma di malattia renale cronica.
Nei pazienti ipertesi con insufficienza renale viene raccomandato di ridurre la pressione
se questa è ≥140/90 mmHg, con un target terapeutico <130/80 mmHg.
Questo viene elevato a valori <140/80 mmHg nei pazienti anziani.
Nei pazienti con insufficienza renale cronica gli autori indicano gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina
come i farmaci di prima linea, perché oltre che a controllare la pressione arteriosa riducono l’albuminuria.
In una seconda fase possono essere aggiunti calcio-antagonisti e diuretici.
In particolare, possono essere aggiunti diuretici dell’ansa se la eGFR è <30 ml/min/1,73m2.
Infine, viene ricordato che gli effetti dell’abbassamento della pressione arteriosa sulla funzione renale,
e sull’albuminuria, sono dissociati dal beneficio cardiovascolare.
Circa un quarto degli italiani è iperteso (circa 15 milioni), ma di questi solo la metà ne è
consapevole e più del 60 %, nonostante la terapia, non raggiunge i valori pressori adeguati.
Eppure, rientrare in valori normali, potrebbe ridurre il rischio di mortalità
per le malattie cardiovascolari, dato che sono riconducibili all’ipertensione
il 40 % delle mortiper ictus e il 25 % per malattia coronariche, tra cui anche l’infarto.
L'ipertensione arteriosa si associa frequentemente
allo sviluppo e alla progressione di alterazioni
strutturali e funzionali a livello dei cosiddetti
organi bersaglio, tra cui cuore, rene e cervello.