Come interpretare i valori della pressione arteriosa.

3 gennaio 2023

Come interpretare i valori della pressione arteriosa?
 La classificazione dell'ipertensione secondo l'OMS/IISH
Le recenti linee guida del Comitato OMS-ISH (Organizzazione Mondiale Sanità-International Society of Cardiology)

Come interpretare i valori della pressione arteriosa? La classificazione dell'ipertensione secondo l'OMS/IISH
Il valore della pressione arteriosa andrebbe sempre interpretato con l'aiuto del proprio medico e alla luce del profilo individuale.

In ogni caso gli esperti suggeriscono anche di imparare a tenerla sotto controllo regolarmente, a casa.

Per sapere come si misura la pressione arteriosa è bene seguire alcuni semplici consigli che possono aiutare a non commettere errori, scegliendo gli strumenti e le tempistiche migliori nell'arco della giornata.

Come leggere i valori?
 L'esposizione a una delle patologie legate all'ipertensione aumenta con l'aumentare dei valori pressori.

In generale, gli esperti concordano nel definire ipertensione la situazione in cui i valori della pressione sistolica (la "massima") siano superiori a 140 mm Hg e quelli della pressione diastolica (la "minima") siano superiori a 90 mm Hg.

Ipertensione: conta di più la massima o la minima?

Qui di seguito ecco una classificazione dei valori di pressione arteriosa e della loro portata di rischio.

La classificazione è suggerita dall’OMS/ISH, basata sui livelli della pressione arteriosa nei soggetti adulti di età uguale 
o superiore a 18 anni (dal sito della SIIA - Società Italia dell'Ipertensione Arteriosa).

come interpretare i valori della pressione arteriosa?

N.B.: Quando la pressione sistolica e diastolica di un paziente rientrano in categorie differenti

la classificazione va fatta in base alla categoria maggiore.

La definizione di ipertensione arteriosa si basa sul riscontro ambulatoriale di una pressione sistolica ≥140 mmHg e/o una pressione diastolica ≥90 mmHg.

La diagnosi non dovrebbe basarsi sul riscontro di valori elevati a una sola visita, ma su almeno

due o tre rilevazioni, a intervalli di 1-4 settimane.



Una pressione viene considerata normale per valori di pressione sistolica

e diastolica rispettivamente <130 e <85 mmHg.


La pressione normale-alta (high-normal) è fissata per valori sistolici compresi tra 130 e 139 mmHg

e valori diastolici compresi tra 85 e 89 mmHg.

 In queste persone andrebbero proposti inizialmente interventi sullo stile di vita

e solo successivamente un trattamento farmacologico.


L’ipertensione sistolica isolata viene definita da livelli ≥140 mmHg, in presenza di valori diastolici <90 mmHg.



Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa:

 il danno d’organo


Una particolare sezione delle linee guida è dedicata alla valutazione

del danno d’organo mediato dall’ipertensione.

Questo è definito come l’alterazione strutturale o funzionale della vascolarizzazione arteriosa,

e/o degli organi da questa irrorati, causata da una pressione arteriosa elevata.


Gli organi bersaglio includono cervello, cuore, reni, arterie centrali e periferiche e occhi.


Tra gli esami essenziali consigliati per rilevare la presenza di un eventuale danno d’organo, da eseguire di routine in tutti i pazienti con ipertensione, vi sono: creatinina sierica ed eGFR, test delle urine ed ECG a 12 derivazioni.


Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa: target terapeutici e farmaci

Gli autori fissano un obbiettivo ideale per il trattamento dei pazienti ipertesi su valori <140/90 mmHg.

 Più precisamente, per i pazienti con un’età inferiore a 65 anni il target è fissato su valori <130/80 mmHg,

mentre per chi ha 65 anni o più il livello sale a valori <140/90 mmHg.



Per quanto riguarda il trattamento farmacologico ottimale, vengono proposti alcuni livelli di trattamento con associazioni farmacologiche precostituite.


Al primo approccio viene consigliato l’utilizzo di un’associazione a basso dosaggio di ACE-inibitori,

o antagonisti recettoriali dell’angiotensina, con un calcio antagonista diidropiridinico.

Nel livello successivo andrebbe utilizzata la sessa associazione, ma a un dosaggio più elevato.


Il passaggio successivo prevede l’utilizzo di una tripla combinazione di farmaci che include, oltre ai precedenti,

 un diuretico simil-tiazidico.


Infine, nell’ultimo passaggio, quando ormai si parla di ipertensione resistente, viene consigliata

 l’aggiunta dello spironolattone, ad una dose variabile tra 12,5 e 50 mg/die.


I ß-bloccanti non sono caduti nell’oblio.


 Piuttosto, vengono considerati come un possibile supporto alla terapia di base, da introdurre

in qualsiasi momento, se sono considerati utili nel trattamento di condizioni concomitanti come

 lo scompenso cardiaco e la fibrillazione atriale.



Le nuove linee guida ISH sul trattamento dell’ipertensione arteriosa: le comorbilità

Una corposa sezione del documento è dedicata alle comorbilità e alle complicanze dell’ipertensione.

Tra queste vi è l’insufficienza renale cronica.


Viene ricordato che l’ipertensione è un importante fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione dell’albuminuria nonché di qualsiasi forma di malattia renale cronica.


Nei pazienti ipertesi con insufficienza renale viene raccomandato di ridurre la pressione

se questa è ≥140/90 mmHg, con un target terapeutico <130/80 mmHg.

Questo viene elevato a valori <140/80 mmHg nei pazienti anziani.


Nei pazienti con insufficienza renale cronica gli autori indicano gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina

come i farmaci di prima linea, perché oltre che a controllare la pressione arteriosa riducono l’albuminuria.

 In una seconda fase possono essere aggiunti calcio-antagonisti e diuretici.

In particolare, possono essere aggiunti diuretici dell’ansa se la eGFR è <30 ml/min/1,73m2.


Infine, viene ricordato che gli effetti dell’abbassamento della pressione arteriosa sulla funzione renale,

e sull’albuminuria, sono dissociati dal beneficio cardiovascolare.


linee guida sul trattamento dell’ipertensione arteriosa

Circa un quarto degli italiani è iperteso (circa 15 milioni), ma di questi solo la metà ne è

consapevole e più del 60 %, nonostante la terapia, non raggiunge i valori pressori adeguati.

Eppure, rientrare in valori normali, potrebbe ridurre il rischio di mortalità

per le malattie cardiovascolari, dato che sono riconducibili all’ipertensione

il 40 % delle mortiper ictus e il 25 % per malattia coronariche, tra cui anche l’infarto.



organi bersaglio dell'ipertensione arteriosa

L'ipertensione arteriosa si associa frequentemente

allo sviluppo e alla progressione di alterazioni

strutturali e funzionali a livello dei cosiddetti

organi bersaglio, tra cui cuore, rene e cervello.

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